Suzanne de Court
Barbara Belotti
Giulia Tassi
L’arte della smaltatura è un’arte antica, antichissima, che affonda le sue origini nel bacino del Mediterraneo del II millennio a. C., tra Micene e Cipro.
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Carta-nautica-di- cartografo portoghese Diogo-Homem1570
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Manifestazione del potere di imperatori e imperatrici, re, regine e condottieri, è stata anche espressione dell’autorità religiosa sia in Oriente, con Bisanzio, che in Occidente, spesso utilizzata in modo complementare nell’oreficeria. Principali vie di diffusione degli smalti sono state le rotte dei traffici commerciali, ma anche quelle delle invasioni e delle conquiste militari, in un intreccio di ricchezza e avidità, sangue e bellezza che spesso costituisce una parte importante della storia dell’arte. L’Europa è stata una delle culle della lavorazione degli smalti, con diversi centri regionali come l’area renana vicino alla città di Colonia, la zona intorno a Liegi, dove fiorì la scuola mosana, e il territorio di Limonges. Chissà quante donne avranno lavorato con gusto e precisione i preziosi oggetti destinati a corti e cattedrali, creatrici raffinate ma sconosciute: se spesso gli artisti delle arti cosiddette minori restano protagonisti senza nome, per le artiste questa legge vale ancora di più. Una di loro però è riuscita a uscire dalle pieghe della storia della smaltatura, a divenire talmente importante e famosa da essere ricordata. Il suo nome è Suzanne de Court, di professione pittrice di smalti, attiva tra il XVI e il XVII secolo.
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Cofanetto con scene della genesi primo quarto del XVII secolo, Metropolitan Museum
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Poche le notizie biografiche. Si pensa che sia stata figlia di Jean, anch’egli pittore di smalti e discendente di una genia di artisti proprietari per molte generazioni di un’efficiente bottega di Limonges, nella Francia sud-occidentale. Proprio perché figlia d’arte, Suzanne avrebbe avuto modo di conoscere in casa i materiali e la tecnica. In altro modo non sarebbe stato possibile: mai una ragazza sarebbe potuta andare in un laboratorio ad apprendere l’arte da un maestro, mai sarebbe stata libera di sedersi con gli altri apprendisti su uno sgabello della bottega, mai avrebbe potuto misurarsi con gli strumenti del mestiere; mai, in seguito, sarebbe potuta diventare artista-artigiana indipendente, guidare una propria bottega con maestranze per lo più maschili, acquistare materiali, confrontarsi con la committenza, ricevere pagamenti. Al contrario, se si apparteneva a una dinastia artistica, la carriera si apriva anche per una donna che poteva raggiungere, non senza difficoltà, pregiudizi e discriminazioni, successo e benessere economico. Questo è quanto sembra essere accaduto a Suzanne de Court, che dal padre Jean avrebbe ereditato lavoro e laboratorio insieme ai fratelli.
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Suzanne de Court, San Marco, Medaglione o retro di specchio, smalto dipinto su rame parzialmente dorato, primo quarto del XVII secolo, New York, Metropolitan Museum of Art
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Esiste una seconda ipotesi, che Suzanne abbia preso il cognome de Court per matrimonio; in questo caso si dovrebbe supporre che anche la sua famiglia d’origine avesse a che fare con il mondo dell’arte della smaltatura e che, all’interno di quei legami familiari, fosse avvenuta la sua formazione artistica e tecnica. Gli studi e le ricerche di settore hanno individuato tra il 1575 e il 1625 il periodo in cui sarebbe stata attiva, il suo nominativo è pressoché solitario in mezzo a quelli di tanti uomini. La figura di Suzanne, scomparsi o non ancora rinvenuti altri documenti su di lei, è stata identificata anche grazie alla firma apposta su alcune creazioni, come il piatto raffigurante Apollo sul Monte Elicona con le Muse appartenuto alla collezione Waddesdon Besquet che il barone Ferdinand Anselm de Rothschild lasciò al British Museum di Londra alla fine dell’Ottocento. Il nome Susanne Court appare chiaramente leggibile sulla superficie blu del piatto, racchiusa in una elegante cornice dorata.
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La firma di Suzanne de Court sul piatto Apollo sul Monte Elicona con le Muse, 1600 ca., collezione Waddesdon Besquet, Londra, British Museum |
Si tratta di una creazione di carattere mitologico, tratta da una stampa dell’incisore mantovano Giorgio Ghisi (1520-1582):
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Suzanne de Court, Apollo sul Monte Elicona con le Muse, smalto dipinto su rame, 1600 ca., collezione Waddesdon Besquet, Londra, British Museum
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Apollo, in alto e al centro, domina la scena suddivisa in due parti dal serpentino corso d’acqua; a sinistra e a destra si distribuiscono le nove Muse intente a suonare, guidate dal dio alle prese con un liuto e non con la più tradizionale cetra. Emerge la cifra stilistica della pittrice: l’uso dei colori blu e verde stesi in numerose varianti tonali, i riflessi bianchi per gli incarnati delle figure rese vivaci non solo attraverso la sicura ed elegante tecnica pittorica, ma anche grazie all’attenzione rivolta ai tratti delle fisionomie, come testimoniano numerose altre opere.
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Suzanne de Court, San Giovanni Battista, particolare della tazza in smalto dipinto su rame parzialmente dorato, primo quarto del XVII secolo, coll. privata
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Spesso Suzanne de Court si è lasciata ispirare dal mondo mitologico e dalla cultura classica, lo dimostrano alcuni pezzi conservati nella Waddesdon Mannor, come gli specchi raffiguranti Giunone con le Furie di fronte a Cerbero di guardia all’ingresso degli inferi; Minerva sul monte Elicona con le Muse; Orfeo che incanta gli animali con la cetra, temi ispirati da stampe cinquecentesche di Bernard Salomon presenti nel libro La Métamorphose d’Ovide figurée pubblicato alla metà del Cinquecento. Nella stessa istituzione museale Waddesdon Mannor sono conservate due lastre rettangolari dedicate alla vita di Cristo con la Natività e l’Annunciazione.
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Suzanne de Court, Orfeo incanta gli animali, Medaglione o retro di specchio, smalto dipinto su rame parzialmente dorato, 1600 ca., Waddesdon (UK), Waddesdon Manor |
Suzanne de Court, Annunciazione (part.), 1600 ca., smalto dipinto su rame, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor
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In quest’ultima scena, alla base dell’inginocchiatoio sul quale si trova Maria, compare ancora una volta la firma Susanne Court F., dove la “f”, per fecit, indica la cognizione del proprio agire artistico. Forse la pittrice era anche consapevole che la sola maestria non sarebbe bastata a renderla immortale, che la firma sulla superficie delle sue creazioni avrebbe potuto salvarla dall’oblio: più volte infatti ha voluto testimoniare il suo nome sulle opere, in alcuni casi in modo esteso, altre volte con le sole iniziali. Forse prefigurava la repentina sospensione dal ricordo nel suo destino di donna artista.
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Suzanne de Court, Annunciazione, 1600 ca., smalto dipinto su rame, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor |
La firma di Suzanne de Court sul cofanetto con storie della Genesi, primo quarto del XVII secolo, New York, Metropolitan Museum of Art
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Suzanne de Court sembra aver avuto un proprio spazio sociale ed essere stata interprete del gusto raffinato di molti (e probabilmente anche molte) committenti di rango, che potevano permettersi oggetti di devozione o di uso comune ‒ come saliere, specchi, casse per orologi ‒ impreziositi da quella mano inconfondibile e brillante;
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Suzanne de Court, Cassa per orologio, ottone con placche di smalto dipinto su rame e finimenti in argento, primo quarto del XVII secolo, New York, Metropolitan Museum of Art |
Suzanne de Court, Orologio, ottone con placche di smalto dipinto su rame e finimenti in argento, primo quarto del XVII secolo, New York, Metropolitan Museum of Art
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successivamente le sue creazioni hanno attirato l’attenzione di collezionisti e collezioniste d’arte, come la baronessa Alice de Rothschild, che amarono arricchire le loro raccolte coi suoi capolavori di smalto.
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Alice Charlotte de Rothschild (1847-1922)
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Ora le opere di Suzanne de Court sono conservate in molti musei europei e statunitensi come, solo per citarne alcuni, il British Museum, il Metropolitan Museum of Art e la Frick Collection di New York, il Walters Arts Museum di Baltimora.
Traduzione francese
Ibtisam Zaazoua
L'art de l'émaillage est une pratique ancienne, très ancienne, qui plonge ses racines dans le bassin méditerranéen du IIe millénaire av. J.-C., entre Mycènes et Chypre.
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Carte nautique du cartographe portugais Diogo Homem, 1570
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Manifestation du pouvoir des empereurs et impératrices, rois, reines et chefs militaires, elle a également été l'expression de l'autorité religieuse tant en Orient, avec Byzance, qu'en Occident, souvent utilisée de manière complémentaire dans l'orfèvrerie. Les principales voies de diffusion des émaux ont été les routes commerciales, mais aussi celles des invasions et des conquêtes militaires, dans un enchevêtrement de richesse et d'avidité, de sang et de beauté qui constitue souvent une part importante de l'histoire de l'art. L'Europe a été l'un des berceaux du travail de l'émail, avec plusieurs centres régionaux comme la région rhénane près de la ville de Cologne, la zone autour de Liège, où a prospéré l'école mosane, et le territoire de Limoges. Combien de femmes ont travaillé avec goût et précision sur les précieux objets destinés aux cours et aux cathédrales, créatrices raffinées mais inconnues : si souvent les artistes des arts dits mineurs restent des protagonistes sans nom, pour les femmes artistes cette règle est encore plus valable. L'une d'elles, cependant, a réussi à sortir des plis de l'histoire de l'émaillage, à devenir si importante et célèbre qu'elle est encore rappelée. Son nom est Suzanne de Court, de profession peintre d'émaux, active entre le XVIe et le XVIIe siècle.
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Suzanne de Court, Coffret avec scènes de la Genèse, émail peint sur cuivre, partiellement doré et montures en argent, premier quart du XVIIe siècle, New York, Metropolitan Museum of Art
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Les informations biographiques sont rares. On pense qu'elle était la fille de Jean, lui aussi peintre d'émaux et descendant d'une lignée d'artistes propriétaires pendant de nombreuses générations d'un atelier efficace à Limoges, dans le sud-ouest de la France. Justement parce qu'elle était fille d'artiste, Suzanne aurait eu l'occasion de connaître à la maison les matériaux et la technique. Autrement, cela n'aurait pas été possible : jamais une jeune fille n'aurait pu aller dans un atelier pour apprendre l'art d'un maître, jamais elle n'aurait été libre de s'asseoir avec les autres apprentis sur un tabouret de l'atelier, jamais elle n'aurait pu se mesurer aux outils du métier ; jamais, par la suite, elle n'aurait pu devenir une artiste-artisane indépendante, diriger son propre atelier avec des ouvriers principalement masculins, acheter des matériaux, se confronter à la clientèle, recevoir des paiements. Au contraire, si l'on appartenait à une dynastie artistique, la carrière s'ouvrait aussi pour une femme qui pouvait atteindre, non sans difficultés, préjugés et discriminations, succès et bien-être économique. C'est ce qui semble être arrivé à Suzanne de Court, qui aurait hérité du travail et de l'atelier de son père Jean avec ses frères.
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Suzanne de Court, Saint Marc, Médaillon ou dos de miroir, émail peint sur cuivre partiellement doré, premier quart du XVIIe siècle, New York, Metropolitan Museum of Art
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Il existe une seconde hypothèse, selon laquelle Suzanne aurait pris le nom de famille de Court par mariage ; dans ce cas, on devrait supposer que sa famille d'origine avait également un lien avec le monde de l'art de l'émaillage et que, au sein de ces liens familiaux, sa formation artistique et technique aurait eu lieu. Les études et recherches du secteur ont identifié la période entre 1575 et 1625 comme celle où elle aurait été active, son nom étant pratiquement solitaire au milieu de ceux de nombreux hommes. La figure de Suzanne, d'autres documents sur elle ayant disparu ou n'ayant pas encore été retrouvés, a été identifiée également grâce à la signature apposée sur certaines créations, comme l'assiette représentant Apollon sur le mont Hélicon avec les Muses ayant appartenu à la collection Waddesdon Besquet que le baron Ferdinand Anselm de Rothschild a laissée au British Museum de Londres à la fin du XIXe siècle. Le nom Susanne Court apparaît clairement lisible sur la surface bleue de l'assiette, encadré dans un élégant cadre doré.
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La signature de Suzanne de Court sur l'assiette Apollon sur le mont Hélicon avec les Muses, vers 1600, collection Waddesdon Besquet, Londres, British Museum |
Il s'agit d'une création de caractère mythologique, tirée d'une gravure du graveur mantouan Giorgio Ghisi (1520-1582).
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Suzanne de Court, Apollon sur le mont Hélicon avec les Muses, émail peint sur cuivre, vers 1600, collection Waddesdon Besquet, Londres, British Museum
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Apollon, en haut et au centre, domine la scène divisée en deux parties par le cours d'eau sinueux ; à gauche et à droite se répartissent les neuf Muses occupées à jouer, guidées par le dieu aux prises avec un luth et non avec la plus traditionnelle cithare. Émerge la signature stylistique de la peintre : l'utilisation des couleurs bleues et vertes appliquées en de nombreuses variantes tonales, les reflets blancs pour les carnations des figures rendues vivantes non seulement grâce à la technique picturale sûre et élégante, mais aussi grâce à l'attention portée aux traits des physionomies, comme en témoignent de nombreuses autres œuvres.
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Suzanne de Court, Saint Jean-Baptiste, détail de la coupe en émail peint sur cuivre partiellement doré, premier quart du XVIIe siècle, collection privée
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Souvent, Suzanne de Court s'est laissée inspirer par le monde mythologique et la culture classique, comme le montrent certaines pièces conservées à Waddesdon Manor, telles que les miroirs représentant Junon avec les Furies face à Cerbère gardant l'entrée des enfers; Minerve sur le mont Hélicon avec les Muses ; Orphée charmant les animaux avec la cithare, des thèmes inspirés de gravures du XVIe siècle de Bernard Salomon présentes dans le livre La Métamorphose d'Ovide figurée publié au milieu du XVIe siècle. Dans la même institution muséale Waddesdon Manor sont conservées deux plaques rectangulaires dédiées à la vie du Christ avec la Nativité et l'Annonciation.
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Suzanne de Court, Orphée charme les animaux, Médaillon ou dos de miroir, émail peint sur cuivre partiellement doré, vers 1600, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor |
Suzanne de Court, Annonciation (détail) (part.), 1vers 1600, émail peint sur cuivre, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor
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Dans cette dernière scène, à la base du prie-Dieu sur lequel se trouve Marie, apparaît encore une fois la signature Susanne Court F., où le "f", pour fecit, indique la conscience de son action artistique. Peut-être la peintre était-elle également consciente que seule la maîtrise ne suffirait pas à la rendre immortelle, que la signature sur la surface de ses créations pourrait la sauver de l'oubli : à plusieurs reprises, en effet, elle a voulu témoigner de son nom sur les œuvres, dans certains cas de manière étendue, d'autres fois avec les seules initiales. Peut-être préfigurait-elle la suspension soudaine du souvenir dans son destin de femme artiste.
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Suzanne de Court, Annonciation, vers 1600, émail peint sur cuivre, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor |
La signature de Suzanne de Court sur le coffret avec histoires de la Genèse, premier quart du XVIIe siècle, New York, Metropolitan Museum of Art
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Suzanne de Court semble avoir eu son propre espace social et avoir été l'interprète du goût raffiné de nombreux (et probablement aussi de nombreuses) commanditaires de rang, qui pouvaient se permettre des objets de dévotion ou d'usage courant – comme des salières, des miroirs, des boîtiers pour montres – embellis par cette main inimitable et brillante;
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Suzanne de Court, Boîtier pour montre ,aiton avec plaques d'émail peint sur cuivre et garnitures en argent, premier quart du XVIIe siècle, New York, Metropolitan Museum of Art |
Suzanne de Court, Boîtier, Montre, laiton avec plaques d'émail peint sur cuivre et garnitures en argent, premier quart du XVIIe siècle, New York, Metropolitan Museum of Art
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Par la suite, ses créations ont attiré l'attention de collectionneurs et collectionneuses d'art, comme la baronne Alice de Rothschild, qui ont aimé enrichir leurs collections de ses chefs-d'œuvre en émail.
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Alice Charlotte de Rothschild (1847-1922)
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Aujourd'hui, les œuvres de Suzanne de Court sont conservées dans de nombreux musées européens et américains, tels que, pour n'en citer que quelques-uns, le British Museum, le Metropolitan Museum of Art et la Frick Collection de New York, le Walters Art Museum de Baltimore.
Traduzione spagnola
Maria Carreras Goicoechea
El arte del esmaltado es un arte antiguo, antiquísimo, que hunde sus orígenes en la cuenca del Mediterráneo del segundo milenio a. C., entre Micenas y Chipre.
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Carte nautique du cartographe portugais Diogo Homem, 1570
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Manifestación del poder de emperadores y emperatrices, reyes, reinas y caudillos, el esmaltado también fue expresión de la autoridad religiosa –tanto en Oriente, con Bizancio, como en Occidente–, y a menudo fue usado de forma complementaria en la orfebrería. Las principales vías de difusión de los esmaltes fueron las rutas del comercio, pero también las de las invasiones y conquistas militares, en un entramado de riqueza y codicia, sangre y belleza que a menudo constituye una parte importante de la historia del arte. Europa fue una de las cunas del trabajo del esmalte, con diversos centros regionales como el área del Rin, cerca de la ciudad de Colonia: la zona en torno a Lieja, donde floreció la escuela mosana, y el territorio de Limoges. Quién sabe cuántas mujeres habrán trabajado con gusto y precisión los objetos preciosos destinados a cortes y catedrales, creadoras refinadas pero desconocidas: si a menudo los artistas de las llamadas artes menores permanecen como protagonistas sin nombre, para las artistas esta ley se cumple aún más. Sin embargo, una de ellas logró salir de los pliegues de la historia del esmaltado, llegando a ser tan importante y famosa como para ser recordada. Su nombre es Suzanne de Court, de profesión pintora de esmaltes, activa entre los siglos XVI y XVII.
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Suzanne de Court, Cofre con escenas del Génesis, esmalte pintado sobre cobre, en parte dorado y con monturas de plata, primer cuarto del siglo XVII, Nueva York, Metropolitan Museum of Art
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Son escasas las noticias biográficas. Se piensa que fue hija de Jean, también pintor de esmaltes y descendiente de una dinastía de artistas propietarios durante muchas generaciones de un eficiente taller en Limoges, en el suroeste de Francia. Precisamente por ser hija de artistas, Suzanne podría haber tenido la oportunidad de conocer en casa los materiales y la técnica. De otro modo no habría sido posible: jamás una joven hubiera podido acudir a un taller a aprender el arte de un maestro, jamás habría podido sentarse con otros aprendices en un banco del taller, jamás habría podido familiarizarse con las herramientas del oficio; jamás, después, habría podido convertirse en una artista-artesana independiente, dirigir su propio taller con trabajadores en su mayoría hombres, comprar materiales, tratar con la clientela, recibir pagos. En cambio, si se pertenecía a una dinastía artística, la carrera se abría también para una mujer, que podía alcanzar, no sin dificultades, prejuicios y discriminaciones, el éxito y el bienestar económico. Esto es lo que parece haber ocurrido con Suzanne de Court, quien se supone que geredó de su padre Jean el trabajo y el taller junto con sus hermanos.
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Suzanne de Court, San Marcos, Medallón o reverso de espejo, esmalte pintado sobre cobre parcialmente dorado, primer cuarto del siglo XVII, Nueva York, Metropolitan Museum of Art
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Existe una segunda hipótesis, que Suzanne adoptara el apellido de Court con el matrimonio; en tal caso, se debería suponer que también su familia de origen tenía relación con el mundo del arte del esmaltado y que dentro de esos lazos familiares se produjo su formación artística y técnica. Los estudios e investigaciones del sector han identificado entre 1575 y 1625 el período en el que debió ser activa; su nombre aparece prácticamente solo entre tantos hombres. La figura de Suzanne, desaparecidos o inéditos otros documentos sobre ella, ha sido identificada también gracias a la firma estampada en algunas de sus creaciones, como el plato que representa a Apolo en el monte Helicón con las Musas, perteneciente a la colección Waddesdon Besquet que el barón Ferdinand Anselm de Rothschild legó al British Museum de Londres a finales del siglo XIX. El nombre Susanne Court se puede leer claramente en la superficie azul del plato, enmarcado elegantemente en dorado.
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La firma de Suzanne de Court en el plato Apolo en el monte Helicón con las Musas, ca. 1600, colección Waddesdon Besquet, Londres, British Museum |
Se trata de una creación de carácter mitológico, tomada de un grabado del artista mantuano Giorgio Ghisi (1520-1582)
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Suzanne de Court, Apolo en el monte Helicón con las Musas, esmalte pintado sobre cobre, ca. 1600, colección Waddesdon Besquet, Londres, British Museum
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Apolo, en la parte superior y central, domina la escena dividida en dos partes por un serpenteante curso de agua; a la izquierda y derecha se distribuyen las nueve Musas tocando instrumentos, guiadas por el dios con un laúd en lugar de la más tradicional cítara. Emerge el sello estilístico de la pintora: el uso de los colores azul y verde aplicados en múltiples tonalidades, los reflejos blancos en los rostros de las figuras, animadas no solo a través de una técnica pictórica segura y elegante, sino también gracias a la atención prestada a los rasgos de las fisonomías, como lo demuestran numerosas otras obras:
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Suzanne de Court, San Juan Bautista, detalle de la taza en esmalte pintado sobre cobre parcialmente dorado, primer cuarto del siglo XVII, colección privada
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A menudo Suzanne de Court se inspiró en el mundo mitológico y en la cultura clásica, como demuestran algunas piezas conservadas en Waddesdon Manor, como los espejos que representan a Juno con las Furias frente a Cerbero guardando la entrada del inframundo; Minerva en el monte Helicón con las Musas; Orfeo encantando a los animales con la cítara; temas inspirados en grabados del siglo XVI de Bernard Salomon presentes en el volumen La Métamorphose d’Ovide figurée publicado a mediados del siglo XVI. En la misma institución museística Waddesdon Manor se conservan dos placas rectangulares dedicadas a la vida de Cristo con la Natividad y la Anunciación.
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Suzanne de Court, Orfeo encanta a los animales, Medallón o reverso de espejo, esmalte pintado sobre cobre parcialmente dorado, ca. 1600, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor |
Suzanne de Court, Anunciación (detalle) ca. 1600, esmalte pintado sobre cobre, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor
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En esta última escena, en la base del reclinatorio sobre el que se encuentra María, aparece una vez más la firma Susanne Court F., donde la "f", de fecit, indica la conciencia de su propio hacer artístico. Tal vez la pintora también era consciente de que solo la maestría no era suficiente para hacerla inmortal, y de que la firma en la superficie de sus creaciones podría salvarla del olvido: de hecho, en varias ocasiones quiso dejar testimonio de su nombre en las obras, a veces de forma completa, otras solo con iniciales. Quizás presentía que su destino de mujer artista conllevaba una rápida desaparición del recuerdo.
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Suzanne de Court, Anunciación, ca. 1600, esmalte pintado sobre cobre, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor |
La firma de Suzanne de Court en el cofre con historias del Génesis, primer cuarto del siglo XVII, Nueva York, Metropolitan Museum of Art
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Suzanne de Court parece haber tenido su propio espacio social y haber sido intérprete del gusto refinado de muchos (y probablemente también muchas) comitentes de alto rango, que podían permitirse objetos de devoción o de uso común –como saleros, espejos, cajas para relojes– embellecidos con esa mano inconfundible y brillante;
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Suzanne de Court, Caja para reloj, latón con placas de esmalte pintado sobre cobre y adornos de plata, primer cuarto del siglo XVII, Nueva York, Metropolitan Museum of Art |
Suzanne de Court, Reloj, latón con placas de esmalte pintado sobre cobre y adornos de plata, primer cuarto del siglo XVII, Nueva York, Metropolitan Museum of Art
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posteriormente sus creaciones atrajeron la atención de coleccionistas de arte, como la baronesa Alice de Rothschild, que amaron enriquecer sus colecciones con sus obras maestras en esmalte.
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Alice Charlotte de Rothschild (1847-1922)
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Hoy las obras de Suzanne de Court se conservan en muchos museos europeos y estadounidenses como, para citar solo algunos, el British Museum, el Metropolitan Museum of Art, y la Frick Collection de Nueva York y el Walters Arts Museum de Baltimore.
Traduzione inglese
Syd Stapleton
The art of enameling is an ancient, very ancient, art that has its origins in the Mediterranean basin of the 2nd millennium B.C., between Mycenae and Cyprus.
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Nautical chart by Portuguese cartographer Diogo Homem, 1570
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A manifestation of the power of emperors and empresses, kings, queens and leaders, it was also an expression of religious authority both in the East, with Byzantium, and in the West, often used in complementary ways in goldsmithing. The main routes for the spread of enamels were the trade routes, but also those of invasions and military conquests, in an interweaving of wealth and greed, blood and beauty that often forms an important part of art history. Europe was one of the cradles of enamel work, with several regional centers such as the Rhineland area near the city of Cologne, the area around Liège, where the Mosan school flourished, and the Limonges area. Who knows how many women will have worked, with taste and precision, the precious objects destined for courts and cathedrals, refined but unknown creators: if artists in the so-called minor arts often remain nameless protagonists, for women artists this law applies even more. One of them, however, managed to get out of the folds of enameling history, to become so important and famous that she is remembered. Her name is Suzanne de Court, an enamel painter by profession, active between the 16th and 17th centuries.
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Casket with scenes from Genesis, enamel painted on copper, partly gilded and silver mounts, first quarter of the 17th century, New York, Metropolitan Museum of Art
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Biographical information is scarce. She is thought to have been the daughter of Jean, also an enamel painter and a descendant of a line of artists who owned a productive workshop in Limonges, southwestern France, for many generations. Precisely because she was a child of art, Suzanne would have been familiar with the materials and technique at home. Otherwise it would not have been possible: never would a girl have been able to go to a workshop and learn the art from a master, never would she have been free to sit with other apprentices on a workshop stool, never would she have been able to measure herself with the tools of the trade. Never, later, would she have been able to become an independent artist-craftswoman, run her own workshop with mostly male workers, buy materials, deal with clients, and receive payments. Conversely, if one belonged to an artistic dynasty, the career also opened up for a woman who could achieve, not without difficulty, prejudice and discrimination, success and economic well-being. This is what seems to have happened to Suzanne de Court, who would inherit work and a workshop from her father Jean along with her brothers.
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Suzanne de Court, St. Mark, Medallion or back of mirror, painted enamel on partially gilded copper, first quarter of the 17th century, New York, Metropolitan Museum of Art
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There is a second hypothesis, that Suzanne took the surname de Court by marriage; in this case it should be assumed that her family of origin also had something to do with the world of enameling art and that, within those family ties, her artistic and technical training took place. Studies and research in the field have identified 1575 to 1625 as the period in which she would have been active; her name is almost solitary among those of so many men. The figure of Suzanne, who has disappeared or other documents about her have not yet been found, has also been identified through her signature on some creations, such as the plate depicting Apollo on Mount Helicon with the Muses that belonged to the Waddesdon Besquet collection that Baron Ferdinand Anselm de Rothschild left to the British Museum in London at the end of the 19th century. The name Susanne Court appears clearly legible on the blue surface of the plate, enclosed in an elegant gilt frame.
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Suzanne de Court's signature on the plate Apollo on Mount Helicon with the Muses, c. 1600, Waddesdon Besquet collection, London, British Museum |
This is a mythological creation from a print by Mantuan engraver Giorgio Ghisi (1520-1582)
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Suzanne de Court, Apollo on Mount Helicon with the Muses, enamel painted on copper, c. 1600, Waddesdon Besquet collection, London, British Museum
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Apollo, top and center, dominates the scene divided into two parts by the serpentine watercourse; to the left and right are distributed the nine Muses intent on playing, led by the god grappling with a lute and not the more traditional zither. The painter's stylistic signature emerges: the use of blue and green colors spread in numerous tonal variations, the white highlights for the flesh tones of the figures made lively not only through the confident and elegant painting technique, but also thanks to the attention paid to the features of the physiognomies, as evidenced by numerous other works.
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Suzanne de Court, Saint John the Baptist, detail of enamel cup painted on partially gilded copper, first quarter of the 17th century, private coll.
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Suzanne de Court was often inspired by the world of mythology and classical culture, as evidenced by some pieces preserved in the Waddesdon Mannor, such as the mirrors depicting Juno with the Furies facing Cerberus guarding the entrance to the underworld; Minerva on Mount Helicon with the Muses; and Orpheus enchanting animals with a zither, themes inspired by sixteenth-century prints by Bernard Salomon featured in the book La Métamorphose d'Ovide figurée published in the mid-sixteenth century. Two rectangular plates dedicated to the life of Christ with the Nativity and Annunciation are preserved in the same Waddesdon Mannor museum institution.
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Suzanne de Court, Orpheus enchants animals, Medallion or mirror back, painted enamel on partially gilded copper, c. 1600, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor |
Suzanne de Court, Annunciation (part.), c. 1600, painted enamel on copper, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor
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In the latter scene, at the base of the kneeler on which Mary stands, the signature Susanne Court F. appears again, where the “f,” for fecit, indicates the cognition of one's artistic action. Perhaps the painter was also aware that mastery alone would not be enough to make her immortal, that a signature on the surface of her creations might save her from oblivion: in fact, several times she wished to bear witness to her name on the works, in some cases extensively, at other times with only initials. Perhaps it foreshadowed the sudden suspension from memory in her destiny as a woman artist.
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Suzanne de Court, Annunciation, 1c. 1600, painted enamel on copper, Waddesdon (UK), Waddesdon Manor |
signature on the casket with stories from Genesis, first quarter of the 17th century, New York, Metropolitan Museum of Art
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Suzanne de Court seems to have had her own social space and to have been an interpreter of the refined taste of many (and probably very many) high-ranking patrons, who could afford objects of devotion or common use-such as salt cellars, mirrors, watch cases-embellished by that unmistakable and brilliant hand
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Suzanne de Court, Clock case, brass with enamel plates painted on copper and silver finials, first quarter of the 17th century, New York, Metropolitan Museum of Art |
Suzanne de Court, Clock, brass with enamel plates painted on copper and silver finials, first quarter of the 17th century, New York, Metropolitan Museum of Art
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Later her creations attracted the attention of collectors and art collectors, such as Baroness Alice de Rothschild, who loved to enrich their collections with her enamel masterpieces
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Alice Charlotte de Rothschild (1847-1922)
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Now Suzanne de Court's works are held in many European and U.S. museums such as, to name a few, the British Museum, the Metropolitan Museum of Art and the Frick Collection in New York, and the Walters Arts Museum in Baltimore.